I figli della Quercia
Seul, 1988, semifinale delle Olimpiadi Calcistiche, Italia-URSS. Eravamo a scuola, ore 11, cuffiette e radioline di contrabbando all'insegnante di scienze. Perdiamo 3-1 ai supplementari. Segna Virdis, si accendono le speranze: invano. Depressi, ci viene proposto dal prof il progetto di costruire un erbario con tutte le foglie di specie vegetali della macchia mediterranea per la mostra scolastica di fine anno. Entusiasta dell'idea e dimentico della sconfitta, mi autoassegno lo storico carrubo ("cornola") di casa e la quercia (comune) del vicino. Scossa la mia coscienza botanica, mi incuriosii al funzionamento delle ghiande.
Una domenica, in giro con mio padre, passando verso Tricase Porto, mi imbatto in un'enorme quercia. Mi dice: "è la quercia dei Cento Cavalieri". Mi racconta la leggenda, ma la mia attenzione è rapita dalla dimensione delle ghiande e ne colgo 5 da terra.
L'indomani chiedo al mio prof di scienze come coltivarle. Seguo scrupolosamente le istruzioni: prendo del terriccio, pianto verticalmente ogni ghianda in ogni vaso, le interro e innaffio tenendo sempre umido il terreno.
Dopo circa 2 anni, a speranze ridotte ai minimi termini, in un vaso spunta una piantina. Al vaso germogliato focalizzo le mie attenzioni. Al tempo opportuno trapianto in giardino la piantina. Gli anni passano e oggi dopo 30 anni la figlia della famosa quercia Vallonea è alta quasi 4 mt. Adesso ha tutto un altro sapore e un senso: la leggenda legata al ritorno dalle crociate delle truppe di Federico II di Svevia; l'introduzione della specie in Salento da parte dei Monaci Basiliani giunti da Valona a seguito delle persecuzioni iconoclaste; il gusto di aver portato nel mio giardino un pezzo di storia. Un sentimento misto tra soddisfazione della crescita, fierezza di appartenere alla storia del mio territorio e consapevolezza di essere il tramite della continuità della vita.
Compiaciuto di essere padre adottivo di un tale esemplare, tralasciando lirismi inutili, mi chiedo se qualcun altro abbia provato l'orgoglio e il privilegio di una simile "paternità".
E sarebbe bello, cari lettori, poter condividere con voi un'esperienza legata alla nostra Vallonea: un ricordo, un aneddoto, una poesia sarebbe un modo per far conoscere tra loro i "figli della quercia". La quercia, un altro vegetale, un animale o un aspetto del nostro paesaggio, e ciò che rappresentano per ognuno di noi, sono degni anch'essi di essere considerati "Figli della Quercia". Sarebbe un modo per promuovere il territorio aumentandone il valore con il nostro apporto affettivo.