di Alessandro DISTANTE

Caro Diario,

domenica 25 settembre 2022 saremo chiamati al voto; sceglieremo chi, tra noi, rappresenterà la Nazione nel più alto consesso istituzionale: il Parlamento italiano.

Mi rendo conto, caro Diario, di usare toni un po’ troppo enfatici anche perché la scelta che faremo sarà monca. Non potremo esprimere le nostre preferenze per chi ci dovrà rappresentare, ma soltanto per una lista; il resto, lo hanno deciso i Partiti, che però sono sempre di più macchine che si mettono in moto o, addirittura, si costruiscono in occasione delle elezioni e sulle quali si sale e si scende a seconda della convenienza.

Le preferenze sono state eliminate –almeno così sento dire- per evitare il voto di scambio e per focalizzare l’attenzione sui programmi.

Io, caro Diario, di progetti per il mio territorio non ne ho sentiti molti, ma sicuramente è colpa mia, per le tante distrazioni del mare e delle serate ricche di balli e musica.

La paura è che a votare andranno in pochi, anche perché, Caro Diario, le cronache di questi ultimi tempi ci raccontano di cattive pratiche che alimentano la disaffezione e la voglia di mandare tutti a quel paese.

Ci è capitato di leggere di amministratori di paesi vicini (leggi Otranto) più inclini a favorire amici e familiari che a servire i cittadini.

Ci è capitato addirittura di ascoltare un sindaco (leggi Leuca) che “chiude un occhio” su eclatanti abusi e lo fa per “venire incontro” a categorie forti a danno di persone deboli.

Eppure sono primi cittadini eletti democraticamente. Ed allora, Caro Diario, votare è importante e votare esprimendo le preferenze sarebbe ancora meglio, ma il voto va dato bene, rifuggendo dalla logica mercantile del do ut des, del “voto chi mi potrà essere utile” e quindi del voto che mi serve.

Che fare? Pur con tutti i limiti del sistema, possiamo non votare? Possiamo rinunciare a quel briciolo di democrazia che ci è rimasto?

Per questo, Caro Diario, domenica andrò a votare; la democrazia, anche se limitata e condizionata, è sempre meglio della oligarchia, verso la quale le cattive pratiche ci spingono ad andare.

 

 

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