di Giuseppe R. PANICO
Diceva l’imperatore Vespasiano, intendendo far cassa anche sulle latrine: “Pecunia Non Olet”, il denaro non puzza.
Un po’ più tardi, altri aggiungevano: “il Denaro è lo Sterco del Diavolo”, ma, non puzzando nemmeno per loro, ne facevano incetta o per uso personale o per quelle grandi opere architettoniche, culturali e benefiche che abbelliscono e nobilitano la nostra civiltà e la nostra città, come le tante chiese ora restaurate.
Da sempre poi il denaro, guadagnato da tanti, con lavoro, sudore e sacrifici, viene sottratto o con le tasse, o con il raggiro, anche politico, consentendo a furbi o disonesti di vivere a spese altrui.
Sbirciando poi nel bilancio delle regioni, vediamo che molte, compresa la nostra e dunque il Salento, usufruiscono di contributi governativi provenienti anche dalle rimesse economiche di regioni più laboriose e produttive.
Sono quelle del Nord, considerate spesso una elongazione manufatturiera della Germania o un sostegno alla sua industria ed efficienza.
Se poi vediamo di cosa queste hanno bisogno per continuare a produrre, risalta l’esigenza, oltre che di tanti nostri bravi giovani ivi migrati, di un continuo flusso di energia a costi sostenibili.
Energia ora poco disponibile, per assenza di un programma energetico nazionale, di errate scelte del passato, di un ambientalismo radicale ed infine per una feroce guerra di aggressione che ha quasi diviso in due l’umanità.
Una democratica (la nostra), basata su rispetto dei diritti umani, avanzata economia scientifica e manifatturiera ed ora schierata con l’Ucraina, ed una autocratica e invasiva, che considera i nostri valori come grave decadenza civica e morale, e con una economia frutto di grandi risorse naturali.
Ai riconosciuti disastri, si è dovuto correre ai ripari, cambiando teste politiche o idee che in quelle teste albergavano e partecipando, contro la guerra, a una nuova fase politica europea che tanto ricorda la: “Diplomacy and a Big Stick”, “diplomazia, ma con in mano un grosso bastone”, (sanzioni ed armi) di un tempo.
Come anche importando energia da altri paesi, produrla localmente in modo più intensivo, ma senza troppo inquinare o deturpare, e adattandosi a un modello di vita meno dispersivo. Ed è qui che sorgono le potenzialità del nostro Salento con le sue risorse naturali di mare, sole e vento.
Non solo per il turismo, peraltro indebolito, oltre che per virus e guerra, dalle nostre ataviche inefficienze, ma anche come fonti rinnovabili per produrre (oltre che far transitare) più energia a beneficio delle industrie già produttive e dell’intera economia nazionale.
Le grandi guerre o crisi hanno sempre portato, dopo distruzioni, violenze e povertà, ad una pace da ricostruire su nuovi assetti geopolitici, progressi tecnologici ed economie. Favorire dunque e non certo ostacolare, come per la TAP a Melendugno, i parchi eolici e/o fotovoltaici, compresi quelli sul nostro mare, sarebbe dunque il nostro prezioso contributo per le aziende che producono reddito anche per noi, per i nostri ragazzi che ivi lavorano, per il nostro presente, basato anche sulle rimesse statali, per la nostra indipendenza energetica e per la salvaguardia dell’ambiente grazie a più fonti rinnovabili.
Un Salento, dunque. più “energetico “, che esporta chilowatt, quasi in riconoscimento di quei contributi che vanno ben oltre il reddito locale, ed importa turismo. L’esperienza del gasdotto TAP, ora strategico, ci dice infatti che il turismo locale (come altrove, con gasdotti sottoterra o piattaforme al largo) non ne sta affatto risentendo, come da noi non ne risentirebbe per un po’ di pale lontane sul mare. Più pecunia o sterco del diavolo o PIL, sono in fondo quello che le buone imprese produrrebbero con il nostro gratuito sole, mare e vento.
Con conseguenti maggiori rimesse statali per il nostro benessere, compreso l’attuale rifacimento di tante facciate pubbliche (chiese, palazzi etc.) e private (case, ville etc.) o pagarci il prestito dei finanziamenti PNRR.