di Giuseppe R.PANICO

La guerra di aggressione in Ucraina sembra ormai uno scontro fra due civiltà.

Una occidentale, basata su libertà, democrazia e libera informazione, l’altra su sistemi dittatoriali e repressivi che tutto sorvegliano, limitano, reprimono e considerano l’Occidente come un’entità disunita, in preda al suo autodistruttivo “populecopacifismo”, a grave crisi di efficienza e perdita di antichi valori.

Ai consueti flussi migratori, va intanto sommandosi quello, quasi biblico, dall’Ucraina, in grandissima parte donne e minori, probabili vedove e orfani di mariti e padri rimasti a combattere proprio per quei valori spesso da noi trascurati perché dati per certi e durevoli.

Sarà ben difficile ritornare alla pace di poche settimane fa; probabile la resa del paese aggredito e l’instaurarsi nel mondo di una nuova guerra fredda con più veloce corsa agli armamenti (già in atto in alcune potenze emergenti e nel nostro Mediterraneo). Ne soffrirà la globalizzazione, il benessere economico raggiunto, la transizione ecologica e la sicurezza per il domani.

In un contesto geopolitico, ora in rapida evoluzione e carenza di beni primari, la politica nazionale, che già rappresenta l’Italia come l’anello debole di un’Europa già priva di politica estera e difesa comune, non potrà essere più la stessa, almeno nelle priorità della spesa pubblica.

La Difesa assorbirà più risorse, ambientalismo ed ecologia dovranno confrontarsi con l’urgenza dell’autonomia energetica e l’assistenza a vaste folle di profughi e alla stessa Ucraina assorbiranno altre rilevanti risorse.

Il tutto nel contesto economico di una crescente povertà, di uno spaventoso debito pubblico, di una burocrazia la più inefficiente in Europa, dopo la Grecia, di una popolazione spesso abituata, più che a produrre ricchezza a beneficio del paese, ad accaparrarsi bonus di ogni tipo, elargiti da una politica famelica di consenso immediato.

In tale nuovo contesto di guerra e post-guerra, anche i criteri per l’impiego dei fondi del PNRR saranno probabilmente rivisti, come pure altri impegni di spesa. Sperabilmente non quei progetti già così in ritardo nel nostro Salento, come la SS275 e l’ammodernamento (se non soppressione per scarsissimo costo/efficacia) di tratti FSE.

Compresi poi quelli sul nostro territorio e costa, di recente pubblicizzati, certamente auspicabili ma, sperabilmente, meglio esaminati in un pubblico dibattito ed esame della loro valenza verso il nostro sviluppo economico.

Sviluppo già da reindirizzare, ove dimostratosi inefficace (Piano Coste); da completare, ove già approfondito in passato, attraverso ingenti spese, partecipazione pubblica e motivate osservazioni di decine di tecnici (PUG di ben due amministrazioni fa); da riprendere o eliminare del tutto, dopo tante spese e contenziosi (palazzetto dello sport, distribuzione acque reflue etc.).

Come anche valutare ciò che sarebbe necessario mantenere nell’ambito della gestione pubblica, alienando o assegnando il resto a terzi, con ritorno economico, il resto (locali pubblici, terreni o infrastrutture disattivate etc.).

Focalizzandosi poi su ciò che sarebbe necessario e rapidamente attuabile per il turismo e la concreta valorizzazione delle marine. Sempre propagandata, mai attuata e soggetta a un sostanziale immobilismo che privilegia di fatto chi è già favorevolmente insediato in loco ma impoverisce l’intera comunità cittadina, se finanche si trascura il sano utilizzo di un porticciolo e la definizione di così già restrittivi piani particolareggiati.

E ‘ormai primavera e il turismo, in gran parte di prossimità e modeste risorse fa già capolino. Certamente è difficile attrarre e trattenere quello di più alte pretese, quando tante strade sono un pericoloso colabrodo, i parcheggi un problema, la stazione ferroviaria, già priva di passeggeri, non è resa degna neanche di un “bonus facciate” e un po’ di pittura.

Gli oleandri sulla litoranea Serra-Rio, piantati dai nostri nonni anche per ombreggiare una panoramica passeggiata, volutamente ridotti ora a miseri spuntoni accanto a diroccati muri a secco e increduli turisti in bici.

Il belvedere sul Calino che accoglie chi arriva dalla litoranea ma per decenni utilizzato come discarica pubblica poi, solo su ripetute insistenze di un privato, dotato di qualche paletto e recinsione, aspirerebbe, insieme a tante altre attrazioni su costa o scogliera, ad uno status compatibile con una vera vocazione turistica.

Se non possiamo fare la pace con chi vuole la guerra e, convinto della nostra decadenza, distrugge vite, città e valori altrui, potremmo almeno farla, pur con tanti ritardi e sprechi, con il nostro territorio.

Cominciando con un più rapido, efficace e possibilmente durevole minuto mantenimento, non solo dell’asfalto e non solo per il turismo.

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