di Alessandro DISTANTE
Quale il comune denominatore che lega le cronache cittadine dei giorni scorsi? Direi la bellezza.
Una bellezza urbana offesa dal gesto di ragazzini che in pieno centro, per divertimento, danneggiano i lampioni e rompono il vetro della plancia informativa, rovesciano i vasi contenitori di piante e fiori (pag. 4)
Una bellezza violata da adulti che, malgrado il servizio pubblico di raccolta rifiuti, decidono di riempire sacchi di spazzatura e di depositarli in aperta campagna, così danneggiando l’ambiente ed il paesaggio ( pag. 2)
Una bellezza compromessa da una struttura commerciale che prende il posto di un grande parco (pag.5)
La bellezza, quindi, ma quella violata e dimenticata.
Eppure la bellezza è il leit motiv del nostro modo di essere, dall’abbigliamento alla cura della persona, alle nostre case.
Eppure le cronache tricasine (e non solo) ci consegnano una schizofrenica divergenza tra condotte della sfera privata e quelle che si proiettano sugli altri.
C’è chi invoca controllo, repressione, punizioni. Ma tutto ciò è sufficiente e, soprattutto, è la soluzione ad ogni male?
Forse, parlando di danneggiamenti e abbandono di rifiuti, bisognerebbe pensare o, meglio, ripensare ad un controllo diffuso.
Detto in altre parole: se il deturpamento del centro storico è stata opera notturna di ragazzini, è mai possibile che nessuno in famiglia si sia accorto della loro assenza?
E, parlando di Città, se ci si lamenta del traffico, della mancanza di parcheggi, del cemento che avanza, non bisognerebbe pensare a programmare e perseguire uno sviluppo urbanistico lungimirante attento alla qualità della vita?
La bellezza –diceva qualcuno- salverà il mondo; ma la bellezza bisogna cercarla, perseguirla e salvaguardarla e le cronache di questi giorni sembrano dirci il contrario.