di Giuseppe R. PANICO
In meteorologia, quando determinati eventi si accavallano, possono anche causare una tempesta perfetta di potenza inaudita e danni immensi.
Si potrebbe dire lo stesso in ambito sociale e politico quando certe situazioni, già singolarmente molto dannose, si sommano e, se malamente gestite, causano danni gravi in tutto il paese, favorendo le condizioni tipiche di uno Stato fallito.
In Italia, come negli altri paesi, abbiamo le conseguenze della pandemia nonché del cambiamento climatico, oggetto in questi giorni di insoddisfacenti accordi fra i potenti della terra. Ma vanno aggiunti anche gravi problemi interni quali l’inefficienza della politica e della pubblica amministrazione.
Per la prima abbiamo sopperito, caso unico fra i paesi occidentali, “arruolando” personalità non politiche come Draghi e il Generale Figliuolo e affidando loro quelle somme attività/responsabilità per le quali la politica ordinaria si è rivelata del tutto inadeguata.
Per la seconda, da revisionare a fondo quale condizione essenziale per avere e gestire meglio i fondi promessi dall’Europa, non resta che provvedere con urgenza a quanto da decenni necessario. Come se non bastasse, abbiamo ben più che altrove, il grande problema della immigrazione via mare.
L’Europa, da sempre invocata, difficilmente potrà prendere qualche rilevante decisione, visto che tanti paesi che ne fanno parte hanno già adottato misure decisamente restrittive, quali il rifiuto di accogliere migranti arrivati in Italia, l’innalzamento di muri e schieramento di militari lungo i confini.
Un fenomeno epocale, favorito anche da governi extra-europei quale arma strategica per indebolire l’unità Europea e mutarne l’identità culturale.
Dal primo gennaio 2019, sono arrivati in Italia circa centomila migranti, (senza i tanti arrivati in modo occulto e sparpagliatosi sul territorio).
L’equivalente della intera popolazione di Tricase, Maglie, Gallipoli, Casarano e Nardò con pochissimi rientri o trasferimenti in altri paesi. Pur nel dovere di salvare e accogliere (diversamente da altri paesi) tanti disperati, è indubbio che tali afflussi siano difficilmente integrabili.
Ne deriva un rilevante impatto, oltre che sociale e culturale, anche economico, data la vastità del nostro debito pubblico e la scarsa capacità/volontà di tante istituzioni ad un più accorto uso dei fondi assegnati.
Una situazione che ci sta anche isolando in quel contesto europeo che a parole ci premia ma nei fatti ci è ostile, considerando l’Italia un comodo ponte per l’immigrazione illegale verso di loro.
A livello nazionale la tempesta perfetta sembra formarsi anche per carenza di lavoro e conseguenti manifestazioni/disordini (dovuti anche ai No Wax).
A livello locale, dopo le polemiche sul nuovo “Super store” in zona Lama e affermazione di tale zona come la nuova area dello shopping e dei servizi, mentre in centro città si nota un susseguirsi di vendesi/affittasi, incentivato anche dal previsto trasferimento in zona ACAIT degli uffici comunali, continua l’assenza di un più ampio dibattito su una visione omnicomprensiva del futuro cittadino e delle marine con conseguenti investimenti e lavoro.
L’attenzione sembra ora focalizzarsi sul progetto di pali e pale in mezzo al mare per produrre a bassissimo prezzo energia eolica. L’adesione a tale progetto potrebbe essere un fattivo contributo a limitare il cambiamento climatico che tanta attenzione suscita anche nei giovani, in cerca di un futuro più sano e lavoro più certo.
Ma tanti amministratori e politici salentini hanno già fatto sentire il loro deciso NO! Il lontano orizzonte sul mare ne sarebbe deturpato, gli uccelli sarebbero infastiditi dalle rotanti pale e i pesci dai pali galleggianti.
A furia di distinguo/ostilità ad ogni innovazione/ iniziativa prima ancora di approfondirne vantaggi/svantaggi, ci stiamo riducendo ad una mera espressione geografica abbandonata sia dai giovani che dagli anziani, sempre più vicini all’ombra dei cipressi.
Tale forma di eolico sul mare riguarda anche Sicilia e Sardegna. Qualora bocciata nel Canale d’Otranto, si perderebbe la nostra parte di quei 5,9 miliardi di euro stanziati dall’Europa per energia rinnovabili.
Ai timori di una tempesta perfetta a livello nazionale, ci stiamo dunque aggiungendo i lampi e i tuoni dei NO locali. Forse sarebbe meglio più che un “NO e poi NO”, un semplice e costruttivo “Pensiamoci un Po’”.