di Giuseppe R. PANICO

Sono passati cinquanta anni da quando la famosa canzone “Imagine” di John Lennon dei Beatles colpiva il cuore dei giovani (e meno giovani).

Esaltava idee e utopie per un mondo migliore, invitava alla pace e condivisione senza contrasti politici e religiosi, quasi un ritorno al paradiso terrestre.

In quegli anni o dintorni speravamo anche per Tricase un migliore avvenire.

Non con utopie e sognatori ma con programmi di sviluppo e visioni politiche più da statisti che da opportunisti a palazzo e non certo in contrasto con lo sviluppo sostenibile di oggi o Agenda 2030.

Sulle piazze non c’era John Lennon a farci sognare, ma comizi e politici a farci sperare e poi più gruppi a discutere e ragionare. Non c’erano smartphone, web e dark web a divorare i giorni e le notti fra fake-news, social, filmini e amenità commerciali, a creare insani mondi virtuali scambiati spesso per reali.

Non c’erano troppi spinelli e droghe a divorare il cervello e non c’era tanto sesso libero, come gradevole e ricercato svago, e non per contrastare il declino demografico.

Non c’era tanta immigrazione e islamizzazione a rimpolpare tale declino e a cambiarci identità. Non c’erano genitori a difendere i loro pargoli da “cattivi” maestri e cattivi voti, ma genitori ove ai pargoli un po’ discoli si rifilava, come da sempre, qualche sculacciata o ceffone. C’era un servizio militare che abituava i giovani a disciplina, vita d’ insieme e doveri patriottici e nelle scuole l’Educazione Civica.

Non c’era la cultura dell’”uno vale uno”; di nonni vissuti nel mondo reale contrastati da nipoti cresciuti nell’insano mondo virtuale; di studiosi dagli ignoranti; di professori da studenti asinini.

C’erano tanti nostri migranti che portavano altrove le loro braccia per poi riportarle a casa con i loro risparmi e mettere su nuove case e piccole imprese.

Oggi sono i loro nipoti che portano altrove, e senza voglia di tornare, braccia, menti e anche soldi, svendendo le case dei nonni per un monolocale altrove. Non c’era un terrorismo internazionale da “guerra santa” ad abbattere torri gemelle e “gemellarci” in casa nostra con più moschee e minareti; bastava qualche strage nazionale da lotta politica. Non c’erano troppe guerre; bastava l’equilibrio della mutua distruzione atomica fra URSS e USA.

C’era un mondo diverso forse più sano, forse più povero, forse più ricco di quei valori etico-religiosi collaudati per migliaia di anni ed ora spesso sviliti.

Meno tecnologia ma anche meno ipocrisia e inefficienza politica. “Imagine”, verrebbe da aggiungere, cosa sarebbe oggi Tricase se quanto progettato o in itinere a quel tempo o negli anni successivi fosse stato attuato. “Imagine” la valle del Rio ben valorizzata come parco; “Imagine”  la litoranea alta per bypassare Tricase Porto ;”Imagine”, dopo la piscina a Marina Serra, un’altra  ben più grande  sul retro di Punta Cannone; “Imagine”  il vasto piano parcheggi “a mezzacosta” e fra gli ulivi a Marina Serra già progettato;”Imagine” se i piani particolareggiati per le zone di completamento nelle Marine fossero stati redatti; “Imagine” come sarebbero produttive e non abbandonate le nostre campagne se acque reflue e piovane, depurate e decantate, invece che scorrere verso il Rio e il mare, scorressero in quei tubi in preda alla ruggine da ben 14 anni.

“Imagine” se il piano urbanistico, anche a favore del grande parco cittadino, fosse stato disponibile e tante altre cose, dall’ ACAIT allo sviluppo nautico e balneare. Tricase merita solo un giardinetto condominiale per dare spazio a edifici senza neanche buoni marciapiedi, se non come scivoli per auto?

Non sarà anche colpa dei Tricasini, delle loro scelte politiche, del loro assenteismo o inazione verso il sentirsi comunità, o verso atti o azioni dovute e le tante occasioni e soldi sprecati? Non sarebbe oggi comunque Tricase la piccola Montecarlo del Salento Orientale, ma avremmo avuto l’atteso grande parco, una cittadina socialmente ed economicamente più attrattiva verso terra, verso mare, verso il futuro e verso i giovani e nell’animo… una punta di orgoglio. “Imagine”, cantava John Lennon per cose ben più grandi, convinto di non essere il solo a sognare

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