di Giuseppe R. PANICO

Per cosa ricordare l’estate ormai passata? Per il disastro della geopolitica occidentale in Afghanistan con timori di nuovi attentati e la grande fuga di militari e civili? Per un governo ancora retto da un manager non politico, chiamato a salvare la nazione (o la patria) e da un generale per salvarci dal virus, pur con milioni di “NO WAX”?

Per il nuovo scandalo in Regione ove i consiglieri, all’unanimità, si sono attribuiti, senza vergogna e copertura finanziaria, una liquidazione già abolita in passato? D’altro canto, una Regione che, quale più grande opera pubblica dell’ultimo decennio, può vantare il costosissimo palazzo del Consiglio Regionale, non può che ascoltare il consiglio corale dei suoi consiglieri.

Passando a temi più vicini alla nostra vocazione e strategia turistica, in termini di progresso, sviluppo e voglia di… Tricase, ancora una volta il Piano Coste, che altrove (Nardò) ha consentito il rilancio delle marine, ha continuato da noi ad essere una inutile “espressione cartacea” priva ancora di ipotesi di cambiamento.

Il PUG poi, costatoci tanto e un susseguirsi di dibattiti e conferenze, è da anni in bozza sul sito del Comune ( dunque condiviso/accettato dalla attuale amministrazione??) ma fortemente criticato da una relazione di ben 22 pagine, firmata da decine di tecnici. Hanno anche evidenziato il rischio di molti ricorsi per il mancato rispetto di diritti/aspettative di tanti proprietari di terreni che, in base al PDF, attendono dallo scorso millennio (1975) i Piani Particolareggiati del Comune.

A Marina Serra, per la prima volta in tanti anni, non sono stati potati gli oleandri sulla litoranea Serra- Rio, restringendo e rendendo ancor più pericolosa la carreggiata. Sulla costa poi continuano, da molti anni a fare sfoggio di sé gli indecorosi e rugginosi paletti e catenelle che delimitano le aperture sulle sottostanti pregevoli grotte e la selva di canne che degrada il paesaggio. Il porticciolo poi è diventato il simbolo di una insana commistione fra scarso senso civico e debolezza istituzionale e decisionale.

Tantissimi bagnanti malgrado i divieti; ben scarsa presenza di autorità; nessuna credibile disciplina per il suo uso e acque insalubri per carenza di ricambio se non quello… corporeo. Torre Palane, ingabbiata a giugno, per il semplice rifacimento di una facciata, sembra debba rimanere così a lungo. Cartolina illustrata di come in Italia pure semplici lavori pubblici iniziano in ritardo, troppo ci costano e mai finiscono. Per le discese a mare se a Nardò, per venire incontro ai disabili è “scappato” il cartello “Spiaggia per Disabili”, da noi di cartelli con scritto “Spiaggia per Aspiranti Disabili” ne avremmo tanto bisogno.

Fra crateri lunari, passaggi disastrati, bagnasciuga scivolosi, reggi mano assenti, entrare in acqua e uscirne è troppo spesso un problema. Forse è per questo e non per i timori dell’alto mare che alcuni, prima di bagnarsi, si fanno il segno della croce o si ammassano in piscina o nei porti. Su una costa, un tempo cava di “piezzi”, oggi si vieta anche un cucchiaino di cemento, tagliare una fettina di arenaria, spostare qualche sassolino e agevolare qualche passaggio verso il mare.

Rispettare la natura non vuol certo dire trascurare la natura umana per una balneazione meno impervia. A volte si preferisce deforestare i boschi del Nord, impregnare il legname di conservanti, trasportarlo a caro prezzo e produrre CO2 a danno del riscaldamento globale, metterlo malamente in opera sulla scogliera e vederlo sparire alla prima mareggiata.

Chissà se per lo sviluppo sostenibile o agenda ONU 2030, si prevede anche per le periferie, Top Manager alla Draghi, Top Militari o Top Direttori, anche stranieri, come per alcuni importanti musei. Non sarà su base elettiva, ma al P.C.C.P, l’affollato Partito dei “Cittadini Citti e Paganti”, pare interessino solo valide decisioni e concreti risultati. E non, ad ogni stormir politico, il ripartire da zero per portarci al… sottozero.

Forse per l’estate, ai tanti facili eventi culturali, o presunti tali, a nostre spese, bisognerebbe associare, già da ora e a nostro guadagno, la difficile ma urgente cultura dello sviluppo.

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