Martedì 3 Novembre, dalle ore 18 alle ore 20, scegliamo di spegnere le luci di tali presidi nelle nostra provincia. Una protesta simbolica e silenziosa che però vuole mandare, dal Salento, due messaggi chiari che per tutto il sistema associativo sono irrinunciabili in questa fase:
Ristori adeguati in tempi certi
Il primo tema ineludibile è quello dei ristori. Ristori adeguati in tempi certi. Non saranno più sostenibili provvedimenti inefficaci, meccanismi farraginosi di istruttoria, tempi biblici di erogazione. Oggi c’è bisogno di ristori immediati, contributi a fondo perduto e l’annullamento di tasse e contributi rimasti sospesi. Se oggi non si sostengono concretamente le attività che sono state costrette a chiudere o a ridurre quasi del tutto la propria attività, il rischio è che queste stavolta non resistano alla seconda ondata e non riaprano più.
Territorialità degli interventi
Oggi come nella prima ondata non si può non considerare le differenze nella diffusione del contagio all’interno dei vari territori e se si immaginano ulteriori provvedimenti restrittivi, non si può mettere sullo stesso piano territori in cui il contagio è limitato e altri in cui cresce a velocità esponenziale. Non è corporativismo territoriale questo, ma anzi è proprio la cura dell’interesse nazionale oggi a consigliare provvedimenti mirati tanto a livello regionale quanto a livello provinciale.
L’irruzione del Covid19 quest’anno è stato uno tsunami per la nostra vita sociale: ha rivoluzionato le nostre vite, le nostre abitudini, il nostro modo di rapportarci agli altri. E, non da ultimo, ha messo in ginocchio la nostra economia, contraendo la disponibilità di spesa degli italiani e costringendo il paese ad un lungo lockdown, di cui il sistema di impresa si è fatto carico, anche in territori come il mezzogiorno d’Italia, e soprattutto la nostra provincia, pur colpiti più marginalmente dal problema sanitario nel corso della prima fase. Gli effetti di tale lockdown non sono stati ovviamente neanche minimamente attutiti dal sistema degli aiuti messi in moto, caratterizzato da meccanismi farraginosi e da tempi di erogazione spesso inconciliabili con le necessità di imprese e lavoratori.
Oggi, dopo un terzo trimestre che aveva dato qualche timido segnale di ripresa economica in un contesto che ci avevano detto dover essere di “convivenza” con il virus, ci troviamo nel pieno della seconda ondata, che sebbene fosse largamente attesa e annunciata, sembra stia trovando impreparato il sistema paese. Oggi questa impreparazione sembra venga scaricata solo su alcune categorie di operatori (ristoranti, bar, pubblici esercizi in genere, palestre e centri sportivi).
Gli stessi che hanno sostenuto grandi investimenti negli ultimi mesi per adeguarsi alle normative, applicare i protocolli, rispettare il distanziamento sociale per continuare a dare in sicurezza un servizio di evasione e di tempo libero di cui c’è oggi un grande bisogno. E fa specie pensare che le sacrosante necessità di contenimento della seconda ondata vengano immaginate esclusivamente come il sacrificio di luoghi aperti al pubblico e ipercontrollati in termini di distanziamento, igiene e rispetto dei protocolli, mentre le persone continuano ad affollarsi nei trasporti pubblici per raggiungere ogni altro luogo di lavoro e vengono solo “sconsigliate” dal ricevere persone o dal riunirsi presso abitazioni private. Misure che pertanto hanno anche il paradosso di essere inutilmente penalizzanti per alcune categorie di operatori e di non essere realmente efficaci per il contenimento della pandemia in questa fase.
In questo contesto generale, ma con lo sguardo ben piantato sulle peculiarità del nostro contesto territoriale e provinciale, oggi il sistema associativo vuole dare un messaggio di unità e anche di solidarietà intersettoriale, coerentemente alla sinergia portata avanti in questi anni dalle Associazioni all’interno della Camera di Commercio come luogo istituzionale di rappresentanza e sintesi di tutti i settori economici del territorio.
Tutto il sistema di impresa, pertanto, oggi si stringe attorno agli operatori dei pubblici esercizi, della ristorazione, dello sport e della cultura, oltre ogni barriera o confine settoriale e quindi oltre qualsiasi corporativismo o interesse particolare: non esiste area urbana senza commercio, non esiste artigianato senza pubblici esercizi, non esiste agricoltura senza ristorazione, non esiste turismo se si spengono le luci delle città.
Per questo simbolicamente tutto il sistema d’impresa fa una serrata a Lecce e nei principali centri della provincia. La sospensione della propria attività è sempre un’azione drammatica per un esercente: vale per chiunque gestisca un negozio, un laboratorio, un bar o un ristorante. Le attività commerciali sono un presidio urbano, un elemento di servizio per il cittadino, una fonte di reddito per il titolare e per tutti i dipendenti che ci lavorano, un elemento di contrasto al degrado e alla desertificazione dello spazio pubblico.