di Rosario MERCOGLIANO

“La nostra è una co-responsabilità; se non maturiamo bene questo concetto sarà difficile uscirne…”; così concludevo il mio ultimo intervento sul giornale.

Al riguardo è utile sottolineare la necessità di abbandonare la funzionale quanto diffusa interpretazione assolutiva legata al concetto di co-responsabilità; ovvero la parafrasi secondo cui il “tutti colpevoli” corrisponde al “tutti innocenti”. Non è così!

La responsabilità politica, così come la co-responsabilità di noi cittadini, produce conseguenze che intaccano la struttura valoriale di riferimento, plasmano la nostra cultura e incidono sul sistema relazionale cittadino generando giudizio.

Lo stesso “condono morale” richiamato e auspicato per favorire una riconciliazione anche generazionale, se da un lato certo favorirebbe un dialogo disarmato, imprescindibile ad una politica che si dichiara inclusiva, dall’altro non varrebbe a ricostruire magicamente “fiducia gratuita”, perché la responsabilità politica (e personale) non si cancella come gesso sulla lavagna.

Diverso è, invece, volersi dare/avere una nuova opportunità, capire eventuali errori, differenti analisi e punti di vista, sforzarsi di comprendere le percezioni (altre) che una nostra azione può aver prodotto, oggi come nel passato; diverso è concedere/concedersi la possibilità di ricostruire credito, ascoltarsi e impegnarsi per porre le basi di una messa in rete delle tante risorse, passioni e sane ambizioni che la nostra città è in grado di esprimere, coscienti di una diversità che non potrà mai uniformarsi e nella consapevolezza che oltre se stessi (o il proprio gruppo) c’è un universo che spesso non si conosce davvero o non si è stati capaci di vedere veramente!

E allora? Come procedere? Cosa bisogna fare? Quale processo “morale” può liberarci… o quanto meno essere avvertito “salvifico” rispetto ad una realtà che diffusamente non piace e non entusiasma …restituendoci la sensazione di una “diversità preferibile” che finalmente cresce, avanza e si rende capace di riconoscimento reciproco rispetto ad una effettiva assunzione di responsabilità sia essa rappresentativa o di governo cittadino?

È utile – ora – affermare e assumere il principio secondo cui la necessità di un progetto di crescita economica della nostra città non è cosa diversa rispetto al bisogno di un progetto di restaurazione politica della stessa, …ove restaurare non significa mettere insieme numeri e interessi di parte, fagocitando e dichiarandosi disponibile a condividerli Ristrutturare la nostra politica vuol dire individuare un interesse collettivo superiore verso cui far certamente tendere le sane aspettative e i legittimi interessi dei singoli o dei gruppi di cittadini, ma in un processo limpido, pulito, equo, leale e solidale che possa diventare “locomotiva” di crescita economica e culturale potenzialmente per tutti noi abitanti, al netto degli arrivismi estremi e sopraffazioni altrui; …consci di una “apertura” e di una “testimonianza diretta” indispensabili che, unite all’intelletto, all’ingegno creativo e alla ricerca delle “fonti”, possano porre in essere “buone pratiche” che diventino sorgente di ispirazione altrui, ricchezza economica diffusa e ritrovata sincera gioia relazionale.

Fin anche la nostra “tricasinità”, spulciata e asciugata nei tratti valutati dispiacevoli (processo nel processo), può essere riconsiderata valore aggiunto rispetto all’esigenza di una “rinascita” che intanto ha un senso - perché produce risultati anche intermedi - in quanto si avvale di metodologie e insiemi differenti rispetto a quelli attuali.

Un’opera di restaurazione politica cittadina, dal momento che si estrinseca in un susseguirsi “ispirato” di innumerevoli declinazioni ideali e metodologiche, nonché, fin da subito, di una moltitudine di azioni quotidiane, …non può assumere come base evolutiva una realtà - quella odierna - che in tanti affermiamo non piacerci…, perché così facendo, abbiamo già fallito, …non saremo e non faremo nulla di diverso rispetto a ciò che oggi è e fa la nostra politica cui dichiariamo di non esser affezionati... e attenzione (!) perché tale disaffezione si consuma ogni volta che, pur riferendoci ai nostri politici locali, affermiamo “…su tutti lo stessi!”

Una reale restaurazione, allora, è solo quella che assume fin da subito a fondamenta del pensiero e a “faro” delle innumerevoli – pratiche – azioni quotidiane, la realtà (altra) che si desidera, l’alterità verso la quale si tende…! Assume “il sogno” e “il desiderio” quali rotta e orizzonte iniziali verso cui procedere.

L’orizzonte, so bene, essere irraggiungibile per definizione! Ma è pur vero che puntare e muovere verso la linea di confine vuol dire andare “avanti”, vuol dire andare “oltre”, …anche oltre le barriere di un “cattivo” ideologismo che nulla ha a che vedere con gli ideali; un ideologismo che spesso ci viene indotto e imposto proprio dall’arte del governo di parte, da una politica che non fa più politica, ma tende unicamente ad occupare le istituzioni e a governare la nostra “autonomia”, dandoci con una mano la libertà, ma strappandoci di dosso, con tutta la forza del suo corpo, il piacere della vita, la nostra dignità… ed è così che si mortificano le intelligenze!

Domande per gli addetti: Era, forse, anche questa la “questione morale” di cui Berlinguer già parlava 40 anni fa? È ancora questa – oggi – la nostra “questione morale” cittadina e non solo (?) …o tanto i partiti non esistono più (?) …chi è, allora, che esiste (?) …su cosa si è basata, dunque (?) …da dove è fuoriuscita (?) …tutta questa “arroganza democratica” cittadina ed extra-cittadina? Davvero la nostra politica di città è nelle mani delle “famiglie politiche”? Quali “famiglie”? È evidente che disprezzo, ma chiedo perché vorrei capire … pronto a ravvedermi! Concludo spezzando non una lancia, ma l’intero arsenale di lance in favore della “testimonianza” politica e personale.

Se non partiamo dall’essere testimoni concreti, fin da subito, di ciò che di bello, utile e prezioso, vorremmo per noi insieme agli altri, ogni percorso è destinato a naufragare, ogni risultato conseguito sarà valido solo per oggi e non anche per domani… sarà sempre e solo un esito parziale, “nascosto” ai più, il risultato di una politica che non è politica!

La “testimonianza” restituisce dignità alle azioni, fiducia nelle persone e – non ultimo – reale decoro alle parole il cui uso e “abuso” sta diventando una pratica talmente “sconcia” da giungere ormai a destrutturarne il senso, il valore e il significato. Le parole “svuotate” generano solo distanza, piattume e omologazione, non certo condivisione, cultura identitaria, approvazione e “appropriazione ideale” diffusa.

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