di Giuseppe R. Panico
Mancano circa due mesi a dare il benvenuto ai nuovi eletti dal nostro voto. Saliranno a Palazzo Gallone, nella speranza che sappiano poi dare continuità, qualità e dinamismo alla loro azione amministrativa. La recente storia patria e la dominante mentalità cittadina non inducono all’ottimismo, ma la speranza è d’obbligo e così il dovere civico di adoperarsi perché questa si concretizzi.
La “Piazza Pulita” che la politica cittadina ci ha offerto di recente non andrebbe intanto rioccupata dai troppi P.R. (Politicanti Riciclati)” che hanno già evidenziato i loro limiti e che ben poco ci hanno dato come bene comune o costruttivo pensiero. Hanno spesso rinunciato al faticoso “fare futuro”, preferendo l’inerzia del presente, il povero consenso e discutibili scelte. Se Tricase è poco sviluppata e priva di un serio, pur tardivo, programma di recupero, quasi un simbolo delle opportunità mancate, lo dobbiamo proprio a tale modo di amministrare.
La piazza è ora pulita, la gramigna che ne infestava le aiuole intorno pare scomparsa, ma una sua caratteristica è quella di ramificarsi sottoterra, di essere resistente a zappette e diserbanti e di soffocare sul nascere le più giovani o produttive piante e sementi. Il nostro prossimo voto dovrebbe servire ad estirparla del tutto e dar nuova e duratura vita a nuovi fiori e nuovi frutti, nuovi profumi e sapori, a una nuova Tricase in corsa verso il suo avvenire.
Ma ci vuole un Capo che in capo alle sue aspirazioni non abbia vanità e narcisismo, sete di potere e di immagine, ma il senso del dovere del suo alto incarico. Che sappia crearsi uno Stato Maggiore o un Team che sia maggiore, oltre che nel sostenerlo e consigliarlo, nel controllare e limitare quei “poteri dominanti” che spesso radicati a palazzo più ancora della gramigna, condizionano l’agire e il decidere dei nuovi arrivati, come anche nel resistere alle eventuali intimidazioni esterne (in tale ultimo triste campo la Puglia è al secondo posto in Italia).
Candidati dunque, meritevoli del nostro voto non per “stirpe” e consistenza della loro “famiglia amorale”; non per facile eloquio e promesse alla… “Vanna Marchi; non racchiusi nel proprio recinto culturale e professionale. Soprattutto non troppo anziani e dunque restii o inidonei al cambiamento, distanti dai giovani e dal rapido evoluire di un mondo, oggi in grave crisi. Spesso con passata esperienza politica o civica ricca di furbizia per il loro interesse e scarna di saggezza per il bene comune; un appiccicoso collante verso il passato e non un fluido lubrificante verso il futuro.
Nel nostro interesse, sarebbe doveroso un serio “check-up” sullo “status quo” e “quo ante” dei candidati in ballo che, sul palcoscenico elettorale, vorranno ballare la loro pizzica in salsa politica. Non solo per premiare i migliori, ma noi stessi, il nostro futuro, la nostra città.
Nel sottobosco elettorale, crescono intanto “funghi” e “funghetti”, anche tossici, che da inerti “sordomuti” nella realtà civico-politico-culturale cittadina, sciorinano ora idee e presenza, cercando voti e consenso. Balleranno pure loro la pizzica anche nel coro di liste politiche, spesso da “Armata Brancaleone” per certe crociate che di Gerusalemme sapevano un bel nulla.
Dopo le elezioni, tali liste usualmente si sciolgono, come ghiaccioli a ferragosto e lasciano tutto solo il loro eventuale eletto, a leccarsi a palazzo un secco stecchino. Forse, per un buon nuovo inizio, non avremmo bisogno di una “Gerusalemme Liberata” o di bande di Lanzichenecchi all’assalto di Palazzo Gallone ma di una “Tricase Riconquistata” da noi tutti, con la vincente arma di un più maturo voto, e da affidare a un sindaco che sappia ascoltare e non irritare, unire e non dividere, diplomatico e non arrogante e che, più che lingua sciolta in bocca, abbia buone idee in testa e dei suoi sostenibili programmi convinca la gente, anche quando un po’ di gente li osteggia.
Non in veste di amministratore di condominio che ci ripulisce la caldaia d’inverno e ci crea un po’ d’ombra d’estate, ma di Primo Cittadino degno di tal nome e della sciarpa che indossa. Non solo per l’arida conta dei voti, ma per personali qualità da scoprire, prima delle urne, nelle nascoste pieghe del suo check up e curriculum vitae.
Pur non troppo chiari, come spesso in politica, ci aiuteranno nel porre sul giusto nome la nostra croce e a non essere noi messi in croce da nuovi dissidi, furbizie e gramigne, al ballo della loro pizzica con stonati tamburelli. In tal caso meglio tornare a far “piazza pulita” e, forse per sempre, a un buon commissario. Ci risparmieremmo l’improduttivo ciarlare e votare e tanti nostri soldini. Ancora incapaci di governarci da soli, qualcosa di buono da uno straniero “podestà” di sicuro lo avremmo.