Sabato, 6 giugno 2020

di Alessandro Distante

Gli spot pubblicitari avevano promesso una trama fatta di pacificazione e cambiamento ma poi il film, più è andato avanti, e più si è trasformato in un film degli scontri e del mantenimento fino a diventare un film dell’orrore.

Le ultime scene sono state veramente da incubo, proprio come in quei film nei quali non si vede l’ora che finiscano.

La fine, in effetti, era da tempo prevedibile, conseguenza inevitabile del come il principale attore protagonista, il Sindaco, aveva deciso di interpretare il suo ruolo.

Fin dalle prime battute aveva fatto capire quali sarebbero state le scene successive: in un incontro tenutosi, su iniziativa di una Associazione tricasina, presso la sala della Fondazione Caputo non era andato oltre una inutile ed ingiusta lamentazione sulle inefficienze della macchina amministrativa e sulle ristrettezze finanziarie, tracciando un percorso nel quale quello che si sarebbe potuto fare sarebbe stata la “manutenzione” dell’esistente e la realizzazione di qualche opera pubblica assolutamente necessaria.

Così è stato e di questo bisogna dargli merito: asfaltare le strade, realizzare oppure ridurre la larghezza di qualche marciapiede, aumentare il numero dei parcheggi per le auto, curare il verde pubblico, completare alcuni interventi già progettati, finanziati ed in parte realizzati, come Piazza don Tonino Bello, Tricase Porto e poco altro.

Quando però si è cimentato in alcune questioni che andavano oltre l’ordinario ha segnato tutti i limiti suoi e dell’intera Amministrazione: è quanto è accaduto per il PUG, l’ACAIT e Villa Sauli. In nessuno dei tre casi è riuscito a realizzare quanto invece aveva annunciato; ad oggi nessun finanziamento e nessuna seria idea per il complesso della ex Cooperativa (nel frattempo in parte crollata); nessun vero coinvolgimento sul PUG e nessuna adozione (ed al contrario dura presa di posizione dei Tecnici locali), mentre l’ecomostro sta ancora lì e il Giudice amministrativo dà ragione alla proprietà.

Alla base, una rinuncia a volare alto; la convinzione che il confronto non sia così importante se non addirittura inutile e da qui nessun incontro pubblico, né suo né delle liste che lo avevano appoggiato, così venendo meno al compito educativo che ogni Amministrazione deve svolgere, specialmente per appassionare i giovani al bene comune.

Eppure proprio il Sindaco Chiuri era riuscito a portare in Consiglio comunale tanti bravi giovani Consiglieri, poi lasciati soli e allo sbando con un pesante contraccolpo su un’intera generazione.

Al fondo, la convinzione che sia meglio anestetizzare il livello del confronto senza rendersi conto che questa scelta porta inevitabilmente all’inaridimento del dialogo e quindi allo scontro.

Famosi sono così diventati i suoi impegni istituzionali in occasione di incontri pubblici, sempre impegnato e sempre altrove.

Il ruolo che si è ritagliato, per sua scelta non difettando in lui capacità e competenze, è stato volutamente di basso profilo, pensando di poter governare una Città abbassando l’asticella del confronto democratico.

La gestione dell’ordinario è importante, ci mancherebbe altro, entrare in Tricase ed essere accolti da Benvenuti in aiuole pulite ed abbellite è positivo, ma intanto la Città perdeva le grandi battaglie come conquistare il ruolo di Comune trainante per l’intero Capo di Leuca (niente ingresso nell’Unione Terra di Leuca e scontro aperto con gli altri Sindaci sulla 275), ruolo marginale nel progetto di Area interna, esclusione dalle ZES.

Il rifiuto del confronto si è perciò tradotto nello scontro se non addirittura nella maldicenza e il basso profilo ha finito per contagiare l’intero cast.

E’ per tutto questo che le scene finali di questo film dell’orrore vedono una maggioranza, divenuta minoranza, che piuttosto che interrogarsi sul suo fallimento accusa la minoranza, nel frattempo divenuta maggioranza, e punta il dito su singole figure come il Presidente del Consiglio Martina, l’oppositore più battagliero Nunzio Dell’Abate e, negli ultimi fotogrammi, sul candidato sindaco Fernando Dell’Abate, fino al punto da imputare a lui, ingiustamente e paradossalmente, la paralisi dell’attività politico amministrativa.

Ma il tutto contro tutti è anche all’interno della stessa maggioranza: nell’arco di tre anni, due Assessori revocati e un altro “costretto” alle dimissioni; tre Consiglieri passati all’opposizione, tutto liquidato come questioni personali.

Lo scontro non ha risparmiato neppure la minoranza, dove la Consigliera Sodero ha spesso assunto posizioni contro la minoranza fino ad appoggiare la maggioranza e, nelle ultime scene, puntando pure lei il dito contro Dell’Abate (Fernando) addirittura possibile causa della invalidità di tutte le delibere del Consiglio dall’inizio ai nostri giorni così alimentando, infondatamente, la confusione tra i poveri cittadini.

Tutti contro tutti, ed intanto i Commercianti protestano, il Covid semina angoscia a famiglie e piccole imprese, e, soprattutto, i cittadini non si riconoscono in una politica improvvisata e confusionaria, litigiosa e rancorosa, miope ed asfittica.

Siamo ai titoli di coda, e non vediamo l’ora che questo film finisca, per appassionarci al prossimo film, sperando in una trama più robusta, in una sceneggiatura credibile e in attori protagonisti che riescano ad interpretare il loro ruolo con professionalità e passione

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