di Ercole Morciano

Fu sotto Ferdinando II di Borbone, penultimo re delle Due Sicilie, che «il comune di Depressa aggregato a quello di Tricase in Terra d’Otranto» fu autorizzato a «tenere una fiera annuale ne’ giorni 26 e 27 di settembre», ovvero nella ricorrenza della festa dei santi medici Cosma e Damiano che la Chiesa ricorda in quei giorni. È il contenuto del decreto reale n.1531 dato a Napoli il 25 settembre 1854 e pubblicato al n. 72 della “Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie” dell’anno 1854.

Ringrazio, per la “scoperta”, Donato Antonaci dell’Abate, che ha esposto il documento nell’ambito della mostra sulla Tricase del passato da lui curata nelle sale di palazzo Gallone da luglio a settembre e che, nella probabile estensione, sarà visitabile fino a dicembre.

Tornando al decreto, possiamo trarne alcune notazioni per inquadrarlo nel suo contesto e rapportarlo al presente.

Ferdinando II, nato a Palermo nel 1810, cinse la corona nel 1830 e la mantenne fino alla morte, nel 1859. Inizialmente riformatore, il suo anno cruciale fu il 1848: prima concesse la Costituzione e poi la ritirò per volgersi verso una deriva assolutista e accentratrice. Proprio nel 1848 ebbe uno scontro diretto col nostro Giuseppe Pisanelli che si era recato presso di lui con altri deputati liberali per perorare la causa della Costituzione.

Pisanelli venne con disprezzo apostrofato “pagliè”, paglietta, avvocato da strapazzo. Ferdinando II morì nel 1859, circa 5 anni dopo la promulgazione del decreto per la fiera di Depressa e gli successe il figlio Francesco II che fu re fino al 1861, quando lasciò Napoli in seguito alla “impresa dei Mille” comandata da Garibaldi.

Sindaco di Tricase, nel 1854, era l’avv. Salvatore Raeli; arciprete di Depressa era don Vincenzo Piccinni (1849-1883). Depressa contava circa 600 abitanti; già “universitas”, era all’epoca «comune aggregato a quello di Tricase» a causa della riforma amministrativa avviata dai Napoleonidi (1806-1815) e mantenuta in seguito dai Borbone ritornati a Napoli; con l’avvento del regno d’Italia (1861)  i “comuni aggregati” prenderanno il nome di “frazioni”. Finalmente Depressa realizzava l’antica aspirazione ad avere una propria fiera per solennizzare ancor più la devozione ai santi Cosma e Damiano.

Una fiera non era solo fonte di profitto per la vendita dei prodotti quasi tutti locali nell’ambito di un’economia arcaica e prettamente agricola, rappresentava anche un elemento di prestigio per il paese e i suoi abitanti.  E Depressa aveva superato l’esame istruttorio al quale faceva riferimento il reale decreto: «serbate le prescrizioni contenute nelle sovrane determinazioni del primo di giugno 1826 e degli 8 di giugno 1853». In pratica fiere e mercati non si dovevano tenere di domenica o in altri giorni di precetto per non distogliere i regnicoli dai doveri religiosi e l’altra condizione era che non ci fossero fiere nello stesso periodo nei paesi circostanti.

Ora la fiera dei SS. Medici non si tiene più perché sono cambiati gli scenari economici che la giustificavano; verso i santi rimangono invece ben saldi il culto e la devozione di Depressa che affondano la loro radice nel lontano passato.

Duole invece sapere che il paese ha perduto la sezione di scuola dell’infanzia: l’ultimo baluardo della pubblica istruzione. Non è questa la sede per fare un rapporto costi-benefici, ma ciò comporterà la diaspora dei bambini, disagi per loro e le loro famiglie e diventerà ancor più difficile mantenere la specificità della loro appartenenza, che non è un limite ma un bene prezioso.  

 

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