di Hervé Cavallera Le recenti scoperte di una Tricase del passato, reperti celati sotto terra a poche decine di centimetri nello spazio antistante il sagrato della Chiesa Madre (mura medievali, tombe ecc.) fa emergere, senza andare a tempi ormai lontani, cronache recenti: la scoperta del cunicolo presso la chiesetta di San Nicola, tosto richiuso con evidente nocumento per la sopravvivenza degli affreschi appena illuminati dalla luce; poi la scoperta di tombe e granai in Largo Sant’Angelo subito richiusi, quindi i ritrovamenti di qualche giorno fa. E se la mente va ancora più indietro si può pensare ai cunicoli individuati nel restauro della struttura di Palazzo Gallone, anche questi prontamente chiusi. Insomma, la storia malinconicamente è questa: talvolta, senza volerlo, si trovano reperti che aprono possibili nuove indagini che porterebbero non solo ad una nuova e adeguata conoscenza storica del passato, ma che potrebbero divenire (adeguatamente custoditi) fonte di rilevante guadagno turistico.
Il problema reale, pur tenendo presente il rapporto inevitabile con la Sovrintendenza, è quello di istituire, anche in armonia con l’Amministrazione Comunale, una sinergia di forze accanto ad una istituzione ufficialmente riconosciuta. Essa già c’è. La Società di Storia Patria per la Puglia nel suo Statuto prevede all’art. 1 di interporre “la propria autorità e l’opera dei soci a difesa delle ricchezze bibliografiche, archivistiche, monumentali, archeologiche e demo-etno-antropologiche minacciate e trascurate” ed ha (art. 21) una specifica “Sezione per la tutela dei centri storici urbani”. Ora, a Tricase la Sezione della Società di Storia Patria c’è ed il suo presidente è peraltro Vicepresidente della Società pugliese oltre che professore universitario.
Sarebbe pertanto auspicabile che diverse forze si raccogliessero intorno alla Sezione locale e ci si preoccupasse, dopo che la Sovrintendenza avesse garantito delle opere fatte, ad elaborare un progetto di ampio respiro volto ad una sistematica verifica del patrimonio storico esistente nel sottosuolo di Tricase e frazioni, ad una messa in sicurezza del medesimo ed insieme ad una sua fruibilità. Basti pensare a quante cittadine del Salento vantano la visibilità dei propri frantoi ipogei (e Tricase ne ha; al solito occultati). La storia di Tricase è invero in parte da riscoprire. Se nel 1268 Carlo d’Angiò concesse metà feudo del casale di Tricase al francese Nason de Galerand, è evidente che il casale avesse già vita in età sveva e normanna e sicuramente ancor prima come testimoniano, tra l’altro, diverse tracce bizantine che rinviano a tempi più remoti.
La valorizzazione di Tricase consiste, infatti, non solo nella creazione di centri di lavoro (che mancano), come la zona industriale, ma anche nel riconoscimento di una storia plurisecolare e nella realizzazione di percorsi turistico-culturali che non possono che essere fonte di crescita in ogni senso. Le energie non vanno disperse e le tracce del passato vanno tutelate, come deve essere anche per il nostro cimitero monumentale. L’occasione fortuita di ritrovamenti nell’antica piazza di resti della Tricase medievale non deve pertanto ridursi al mormorio di una settimana, ma essere lo sprone per ampi progetti su cui le istituzioni e le persone capaci e di buona volontà devono misurarsi.