di Alessandro Distante  La sentenza con la quale la Corte dei Conti ha condannato la Giunta Comunale di Tricase ha suscitato reazioni, commenti e polemiche. Al di là della verità giudiziaria, che ancora è da accertarsi in via definitiva stante l’annunciato appello, ed al di là anche del merito della questione con l’augurio che si accerti che nessun danno è stato causato alle casse comunali, la vicenda offre, già adesso, alcuni spunti di riflessione.

Dico subito che non mi pare utile e neppure condivisibile confondere i piani della questione, puntando il dito su chi denuncia piuttosto che sui contenuti della denuncia.

E’ vero: non è certo usuale che a denunciare un fatto, rilevante sotto il profilo della responsabilità, sia il vertice di un Ufficio. La non usualità non costituisce un giudizio di merito o di demerito, perché se una denuncia porta poi ad accertare responsabilità quella denuncia è un contributo alla legalità, ma fa emergere una situazione di evidente non comunicazione interna.

Viene da chiedersi: è mai possibile che in uno scambio costruttivo e collaborativo, che dovrebbe esserci all’interno di un Comune come in una qualsiasi azienda, non si sia potuto avere un confronto preventivo sulla opportunità/legittimità o sulla inopportunità/illegittimità di un atto che vedeva interessato il Corpo della Polizia Municipale?

Altro spunto di riflessione è che la vicenda aveva già avuto un momento di vivace confronto tra Maggioranza ed Opposizione consiliare; anche in quel caso, però, il dialogo, anche in funzione di controllo, non ha funzionato ed anzi ha portato le parti ad irrigidirsi ed a chiudersi nelle proprie certezze. Ed anzi peggio: ha portato ad avanzare sospetti che addirittura vi fosse un accordo tra maggioranza e una parte dell’opposizione direttamente interessata all’appalto.

La vicenda –ed è questo un ulteriore spunto- viene ora inserita in contesti ancora più ampi, che coinvolgerebbero la stessa cittadinanza, avvezza, con la complicità della classe forense, a creare ad arte situazioni a danno delle casse comunali, avanzando richieste di indennizzo da buche stradali, per così dire, esagerate.

Non c’è che dire: ne viene fuori un preoccupante degrado e una progressiva lacerazione del tessuto cittadino in una spirale che parte dalla difficoltà di comunicazione interna tra uffici e politica, per passare poi al muro contro muro tra maggioranza ed opposizione, per finire alla contrapposizione tra interesse pubblico ed interesse privato, quest’ultimo perseguito da una parte della cittadinanza con l’aiuto complice dei <<tecnici delle controversie>>.

Se non è possibile una città ideale, è certamente preoccupante che il confronto debba diventare scontro e che le problematiche debbano necessariamente finire in sede giudiziaria. Lo ripeto: se ci sono fatti da denunciare, vanno denunciati. Ma la questione è un’altra: è possibile prevenire i conflitti ed evitare condotte dannose per tutti e per l’immagine della Città?

Ciò che spesso manca sono le occasioni preventive o successive di reale confronto e di controllo collaborativo. Al fondo, forse una verità: quello che deve crescere è quella voglia di “impicciarsi” di più e meglio da parte di tutti i cittadini, di riconquistare quel “senso dello stare insieme” (come alcuni hanno scritto nello scorso numero); solo così il confronto sarà sempre più politico ed allargato e solo così, in nome del bene comune, verranno limitate, se non eliminate, le occasioni per interventi della Magistratura.

 

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