di Giuseppe R. Panico

Ma da cosa derivano le inefficienze del nostro Sud, se ancora oggi non si riesce a concretizzare un più costruttivo percorso?

Più che colpa degli altri (del Nord) o della scarsità di risorse materiali, sembra sia colpa di una mentalità che vede ancora il suo progresso nel “familismo amorale”, in marginali interventi a spese dello Stato e nella cultura del passato.

Non certo nel favorire nuove imprese, realizzando moderne infrastrutture e servizi. In un mondo che corre rapido e dove ogni settore economico è dominato da competizione, rinnovamento e movimento di merci e persone, o si tiene il passo o si arretra per poi scomparire o rimanere in pochi.

In natura, numero e caratteristiche degli esseri viventi sono in funzione delle risorse geografiche / economiche /alimentari locali. Ma essendo l’homo anche “sapiens”, può disporre anche delle risorse umane di cui sa dotarsi, fatte in gran parte di politica e “capitale sociale” (cittadinanza attiva).

Senza una loro vincente sinergia, anche territori potenzialmente ricchi degradano nel sottosviluppo, regressione ed emigrazione fino ad arrivare a civiltà perdute o a “ghost town” (paesi fantasma).

Un male questo ormai diffuso non solo in poveri paeselli sul cocuzzolo della montagna ma anche nel nostro Salento, ricco di mare, di buon clima e di storia e che di montagnoso ha solo delle alture. Basta dare un’occhiata alle anagrafi di tanti comuni, ai troppi “vendesi” di case e proprietà, al bassissimo livello di investimenti privati ed alle tantissime partite IVA che chiudono.

Basta fare una passeggiata nei piccoli borghi ove, d’inverno, di umano si incontra solo un po’ di anziani e, d’estate, qualche turista in più. Una triste realtà che, oggi, ben più di ieri, necessiterebbe di una accorta e lungimirante politica da statisti e non certo da populisti o troppo spesso incolta/inesperta, distorta e distratta da torcicollo a destra o sinistra, o con la testa rivolta all’indietro.

Nella nostra Tricase, la passata attenzione verso il turismo e la relativa economia, ci aveva dato il porto e poi il suo ampliamento e, a Marina Serra, il porticciolo e poi la piscina (poco naturale), come anche la litoranea Serra-Leuca.

Da troppi decenni, pur con il turismo in crescita, è come se il tempo si fosse fermato, non più nuove infrastrutture e più avanzati servizi, ma solo rifacimenti, abbellimenti e recuperi di quanto già esistente e che, lasciato per decenni in abbandono ed ora rifatto, evidenzia un ben scarso e passivo utilizzo.

È prevalsa la politica del disfare e rifare, del latino “festina lento” (affrettarsi lentamente) o della “decrescita infelice” fatta anche di “imprese comunali” rivelatosi poi meri sprechi milionari. Senza credibili piani per il futuro, almeno per il turismo, anche quell’enorme capitale, fatto di sacrifici, risparmi ed esperienze umane e professionali, che i nostri padri o nonni, emigrati in Svizzera, Germania, etc., avevano riportato a casa per investire in loco a favore di figli e nipoti e della comunità tutta, si è in gran parte dissolto.

I loro beni, spesso sottovalutati e svenduti, servono a sostenere una nuova emigrazione. Non più quella delle loro braccia e del loro sudore, non quella straniera sostenuta dallo Stato, ma quella, sostenuta da loro, dei loro eredi e della loro sapienza, acquisita nelle scuole meridionali e università settentrionali e poi offerta ad altri; non al loro Salento, non alla loro Tricase.

Figli e nipoti hanno imparato la lezione, condiviso la frustrazione dei padri e abbandonano sempre più numerosi la sempiterna mentalità del “familismo amorale” e la povera politica che ne deriva.

Agli sprechi politico- amministrativi, a quello economico dei vecchi migranti, a quello giovanile-intellettuale dei nostri nuovi migranti, ai problemi della bassissima natalità, la politica ha saputo aggiungere anche l’inerzia infrastrutturale/decisionale per moderni collegamenti ferroviari/viari/ e le scandalose o inaccorte gestioni regionali (FSE, AqP, ex ILVA, Xylella, TAP, etc.).

E per finire, il radicalismo ecologico/naturalistico che troppo limita e burocratizza l’uso del territorio e della costa. Ormai quasi uniche residue risorse per un pur modesto e sostenibile sviluppo turistico- economico, ora tanto condizionato da piani paesaggistici e parchi costieri (poi lasciati all’incuria,), da ostilità verso nuovi insediamenti turistici di lusso, oggi così richiesti, (colonia Scarciglia a Leuca, resort Briatore ad Otranto etc.), dal mancato utilizzo dei fondi strutturali europei 2014-20120 (in Puglia solo il 27%.).

Un gran mucchio di inefficienze, sprechi e ritardi, alto ormai quanto l’altura del Golgota ove sembrano da tempo crocefisse la fede nella politica, la speranza nel futuro, e la carità di patria.

Se essere “sapiens” vuol dire anche chiedersi il perché dei nostri Mali del Sud, più che sperare in una futura resurrezione, bisognerebbe darsi da fare perché la resurrezione avvenga al più presto. Cominciando a curare il male peggiore, ovvero la mentalità di quel Capitale Umano che, restio ad essere Capitale Sociale, si accontenta di essere solo Capitale Elettorale, attivo o attivato solo per recarsi o disertare la sua croce alle urne.

Una cura da cavallo per un civismo che, troppo assente dalla scuola, dalla famiglia e dalle priorità politiche, sappia “produrre” meno sudditi e ben più cittadini, attenti e vigli sulle scelte dei loro “eletti” e per un futuro che non sia da “ghost town”.

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